Questa è la storia di una foglia. Una
semplice e umile foglia, di modeste dimensioni, ma di un verde acceso,
brillante, quasi smeraldo.
Era una foglia di un grande e maestoso
albero, un albero sempre verde di una bellissima e selvaggia foresta. Le radici
dell’albero erano enormi e sprofondavano in un terreno ai margini di un fiume,
questo gli permetteva di crescere forte e rigoglioso.
Era un fiume dolce, ricco d’acqua in
tutte le stagioni e che scorreva serenamente formando, in alcuni tratti,
piccole cascate che rendevano il suo suono ora più soave, ora più deciso e
intenso, ma sempre non invadente.
La primavera e l’estate il fiume dava
sollievo con le sue acque fresche e limpide ai pochi avventurieri che si
inoltravano nella foresta per apprezzarne la bellezza e la pace.
A volte le libellule si divertivano a
volare sul fiume sfiorando l’acqua, i loro colori erano splendenti e brillanti
e quando qualche raggio di sole penetrava tra le foglie e illuminava le loro
ali si poteva assistere a uno spettacolo bellissimo.
La piccola foglia restava affascinata da
quello spettacolo di colori, ma soprattutto era colpita dalla loro libertà di
movimento, mentre lei per muoversi aveva bisogno del vento.
Erano amici, lei e il vento.
Le aveva insegnato una danza, così ogni
volta che cominciava a soffiare lei prendeva a danzare seguendo il suo ritmo. A
volte la faceva volare così in alto che doveva usare tutte le sue forze per
rimanere attaccata all’albero, altre la danza era più lenta, quasi impercettibile.
Si sentiva in sintonia con tutti gli
elementi. Ringraziava il sole ogni mattina per fornirle energia e nutrimento, il
vento che la faceva danzare, la luna che ammirava in tutte le sue fasi, a
volte, nelle notti di luna piena, la sua luce era così intensa da impedirle di
dormire. Così, invece di arrabbiarsi come facevano spesso le altre foglie,
prese ad osservarne lo splendore ammirando come quella luce argentata
illuminava il paesaggio circostante.
Era una foglia dolce e gentile, piena di
vita, la più giovane di tutto l’albero. Era allegra e solare, tutto per lei era
un dono e si sentiva piena di gratitudine verso tutto ciò che la circondava:
gli altri alberi, il dolce suono del fiume che la cullava la notte, la pioggia
che la rinfrescava.
L’unica cosa che turbava a volte la
giovane foglia era un senso di solitudine.
Si sentiva uguale, ma al tempo stesso
diversa dalle foglie del suo albero le quali si lamentavano spesso, se usciva
il sole erano insoddisfatte perché faceva troppo caldo, se era nuvoloso erano
infelici perché avrebbero avuto meno nutrimento, si arrabbiavano con la luna e
con il vento perché non rispondevano ai loro comandi, desideravano la pioggia
ma quando arrivava non le piaceva sentirsi bagnate, non rispettavano i ritmi
della natura, spesso stavano sveglie sino a notte inoltrata a far baldoria e
poi se la prendevano con il sole per esser sorto troppo presto. La piccola
foglia invece adorava addormentarsi un secondo dopo il tramonto e svegliarsi un
secondo prima dell’alba per ammirarne lo spettacolo.
Insomma, le altre foglie volevano sempre
qualcosa di diverso da ciò che la natura gentilmente gli offriva e questo le
faceva soffrire perché non riuscivano ad apprezzare ed accettare ciò che
avevano e, anche quando giungeva la loro ora, rimanevano attaccate con forza
all’albero tanto da costringere il vento ad intervenire, non accettavano che
tutto cambia costantemente, tutto si trasforma, così soffrivano.
Non erano foglie cattive, la loro
essenza era pura, tutto ciò era dovuto a qualcosa che accadde all’albero, al
fiume e alla foresta qualche tempo prima.
Un giorno, una normale e ordinaria
giornata di primavera, a monte del fiume l’acqua cominciò a cambiare colore, ad
essere così scura da sembrare quasi nera.
Una macchia scura avanzò sempre più
rapidamente sino a raggiungere l’albero e, siccome pochi giorni prima una
tempesta aveva distrutto un grande ramo che rendeva il fluire dell’acqua molto
più lento, la macchia scura si fermò ai piedi dell’albero e le radici
cominciarono ad assorbirla pensando che fosse un nuovo nutrimento. Non si sa se
qualcuno avesse gettato qualcosa di nocivo nel fiume, ne da dove quella
sostanza provenisse.
La sostanza lentamente cominciò a
convincere l’albero di ciò che era giusto o sbagliato, di cosa fare e non fare,
gli raccontò storie che la convinsero ad assorbirla.
L’albero si lasciò condizionare.
Neanche la sostanza era cattiva, lei era
davvero convinta di essere un buon nutrimento per l’albero, forse qualcuno gli
aveva detto così, ma da quel momento le foglie cambiarono smettendo di essere
in armonia con la natura.
La piccola foglia, essendo la più
giovane, nacque proprio quando la corrente, muovendo il ramo, fece fluire ciò
che restava della sostanza e nell’alberò ricominciò a penetrare acqua limpida
che lo purificò. Questo permise alla giovane foglia di non lasciarsi
condizionare dalla sostanza e restare pura. Ma, ahimè, per il resto delle
foglie l’unico rimedio per liberarsi da quella sofferenza e insoddisfazione che
avvertivano era quello di staccarsi dall’albero e lasciarsi trasportare dal
fiume.
Ma le foglie avevano paura, per loro
staccarsi dall’albero significava morire, e loro erano terrorizzate dalla
morte.
Ma non erano forse anche quella
sofferenza e quell’insoddisfazione una forma di morte?
La giovane foglia, nonostante non avesse
ricevuto i condizionamenti della sostanza, si lasciava influenzare, senza
saperlo, dalle paure delle altre foglie. Tentava di convincersi che in fin dei
conti andava bene così, non le mancava nulla, aveva nutrimento e riparo e
l’amicizia del sole, della luna e degli elementi.
Ma non si sentiva libera e, qualcosa
dentro di sé, le diceva che c’era una strada che avrebbe potuto liberarla e che
avrebbe incontrato altri amici con cui condividere ciò che sentiva, doveva però
richiamare all’appello tutto il suo coraggio e staccarsi dall’albero, sentiva
che quello era il primo passo.
Quando provava a dire alle altre foglie
ciò che sentiva queste gli rispondevano “sciocchezze, questo è il modo corretto
di vivere, se salterai morirai!”, e continuavano nella loro sofferenza o a
distrarsi per non accorgersi di soffrire. La fogliolina si lasciava prendere
così dal timore.
Ogni giorno guardava il fiume scorrere
dolcemente e si sentiva chiamare, in alcuni momenti era determinata a saltare,
in altri insicura. Decise di confidare al vento il suo tormento, il quale le
disse “ti aiuterò affinché tu possa scoprire la vera libertà!”.
Una notte le altre foglie fecero più
baldoria del solito e la piccola fogliolina si sentiva sempre più agitata, era
giunto il momento. Quando tutti si addormentarono lei rimase sveglia ad
aspettare l’alba e, quando i primi raggi di sole cominciarono a spuntare, il
suo cuore si riempì di pace. Allo stesso modo in cui la luce del sole
illuminava il nuovo giorno, così il suo amore si espandeva.
Guardò con amore e dolcezza tutte le
altre foglie e il suo albero e cominciò a staccarsi dolcemente. L’albero si
accorse di ciò che stava avvenendo e cominciò a piangere, ma al tempo stesso
sapeva che quello era l’unico modo per la fogliolina di essere libera, le diede
così la sua benedizione.
Quando mancava pochissimo affinché la
fogliolina si staccasse completamente si presentò nella sua mente un piccolo
dubbio “e se stessi sbagliando? E se non fosse questo il cammino corretto?”.
Immediatamente si rese conto che non era reale, era la paura, ma la voce del
suo cuore era più forte, così per non lasciarsi sopraffare dal dubbio smise di
ascoltarlo, non gli diede attenzione e invocò il vento che soffiò con tutta la
sua forza e le sussurrò “non aver paura a lasciar andare …”. La fogliolina sorrise e si staccò.
Con una nuova danza, la danza della
libertà, il vento l’accompagnò dolcemente nel suo cadere fin quando toccò
l’acqua del fiume. Alcune foglie si svegliarono e lanciarono grida di supporto
ripromettendosi che anche loro avrebbero trovato il coraggio di staccarsi.
L’acqua del fiume era fredda e aveva una
consistenza diversa da quella della pioggia. La fogliolina si sorprese di
essere ancora viva e, felice di quella libertà, si lasciò trasportare dalla
corrente.
Il fiume fu dolce e gentile con lei e le
insegnò a fluire. Le insegnò a non opporsi alla corrente della vita e a
comprendere che ogni situazione può essere un insegnamento e un’opportunità,
tutto dipende da come si sceglie di viverla. Ad esempio, la sostanza scura che
era penetrata nel suo albero, quella diversità che percepiva, era stata per lei
un’opportunità per liberarsi, per imparare nuove cose e scoprire se stessa.
La fogliolina era riuscita a trasformare
la sofferenza del sentirsi diversa e sola, in un dono. Ed era vero, una parte
di sé era morta, erano morte le sue paure e i suoi condizionamenti, i suoi
attaccamenti, ed era necessario che morisse quella parte affinché la fogliolina
potesse rinascere per ciò che davvero era.
Il colore della fogliolina cominciò
lentamente a cambiare sino a diventare di un dolce giallo non troppo acceso,
era incuriosita da quei cambiamenti e li osservava con serena accettazione, per
lei erano come un riflesso di ciò che le accadeva dentro e lo accoglieva con
entusiasmo.
Un giorno in cui si sentiva stanca, il
fiume decise di fare un balzo e posarla su una grande pietra per permetterle di
riposare.
La fogliolina e la pietra fecero subito
amicizia.
La pietra le insegnò la pazienza, le
spiegò che ci sono momenti in cui è necessario fermarsi e lasciare che la vita
faccia il suo corso, ci sono momenti per andare ed altri per restare, momenti
per imparare ed altri per assorbire ciò che si è imparato. Le insegnò che a
volte è necessario rimanere immobili e riposare in se stessi e a non aver paura
a guardarsi dentro.
La fogliolina si accorse che dentro di
sé esisteva un mondo che non conosceva. Restava così immobile e serena, a volte
divertendosi ad osservare i pensieri come se fossero nubi che il vento muoveva.
La pietra le insegnò a non dare troppa importanza a quelle nubi perché così
come arrivavano, sarebbero andate via.
Grazie a questo allenamento imparò a
stare attenta a ciò che accadeva in ogni momento nella realtà che stava
sperimentando senza lasciarsi trasportare dal pensiero in situazioni lontane da
quella che stava vivendo o farsi sopraffare dalla tristezza e nostalgia che a
volte sorgevano, sapeva che sarebbero passate.
Imparò così ad apprezzare più
intensamente il suono del fiume, ad accorgersi
dei suoi piccoli balzi, il canto degli uccellini, soprattutto al mattino presto
quando era particolarmente intenso, riusciva a coglierne tutte le sfumature, si
accorgeva anche dei pesci così silenziosi che passavano sott’acqua e che le
libellule che sempre ammirava quando era sull’albero, producevano un suono, una
specie di ronzio quando si incontravano. Imparò così ad affidarsi a ciò che
sperimentava e viveva intensamente ogni momento perché la sua attenzione era
sempre presente.
Il salto dall’albero era stato solo
l’inizio, ora quella pratica le era necessaria.
Arrivò così il giorno in cui giunse a
scoprire la sua reale essenza, non sentì più una distinzione tra sé e la pietra
e il fiume e il cielo, tutto era parte di lei.
Ringraziò la pietra e decise che era arrivato
il momento di tornare a fluire.
Allo stesso tempo riapparse il vento. La
fogliolina era felice di vederlo, ogni volta che aveva bisogno di fare un passo
nel suo cammino di crescita lui ricompariva per sostenerla e incoraggiarla.
Prese così a soffiare e lei danzò sino a ricadere in acqua. Il fiume l’accolse
con gioia.
Lungo il cammino incontrò altre
foglioline che, come lei, avevano fatto il salto. Fu in quel momento che il suo
cammino diventò una gioiosa condivisione. Si lasciavano trasportare dal fiume
e, passando dove era passata anche la sostanza scura, incoraggiavano le altre
foglie a staccarsi.
Giunsero un giorno ai piedi di un
maestoso albero e decisero di trascorrere li gli ultimi giorni. La fogliolina
sapeva che tutto nasce e muore, l’aveva imparato dal sole che sorge e tramonta
ogni giorno, dalla luna che era ora più piccola, ora più grande, dalle giornate
limpide e quelle nuvolose, dal fiume che continua a scorrere, dalla pietra, dal
vento e dalla terra, tutto cambiava, ma allo stesso tempo l’essenza di tutte
quelle cose era sempre presente.
Era serena, certa di aver vissuto
secondo il suo essere profondo, certa di aver scoperto la libertà e che ora il
suo essere poteva essere da nutrimento a quell’albero ai piedi del quale si era
posata.
E fu nel momento in cui si spense che
l’albero cominciò a brillare, la luce era così intensa da illuminare l’intera
foresta. Era quella la luce della consapevolezza.
L’albero da cui la fogliolina era
saltata comprese e il suo cuore si riempì di pace, le foglie saltarono con un
grido di libertà e nuove foglioline pure ripresero a nascere.
Nessun commento:
Posta un commento