SE DAI, RICEVI


Era il termine di un ritiro di tre giorni e mi trovavo con la mia compagna di stanza a raccontarci delle nostre vite. Nel raccontarci le feci vedere una foto dei cuori di stoffa che mi piace fare e che di solito regalo.
Mi chiese se li facessi per commissione. Non mi era mai capitato, però le dissi che se mi avesse dato l’indirizzo glieli avrei mandati. Mi chiese il prezzo, ma le dissi che non avevano un costo e che lo facevo volentieri, per me era una gioia avere qualcuno a cui farli. Lei insistette, ma le dissi di non preoccuparsi.
Anche il ritiro a cui avevamo partecipato non aveva un costo, ma chiunque volesse o potesse permetterselo poteva lasciare un’offerta libera.
Dopo aver chiacchierato con la ragazza decisi di andare a lasciare il mio contributo.
La preoccupazione di “non avere abbastanza soldi” è uno dei condizionamenti più radicati nella maggior parte delle persone, anche in coloro che hanno un alto conto in banca.
Ovviamente questo condizionamento è presente anche in me, in particolare con lo stile di vita che ho intrapreso. La pratica della fiducia richiede tempo e pazienza. Sradicare dei condizionamenti può rappresentare il lavoro di un’intera vita.
Mentre ero in fila pensavo che “non avevo abbastanza soldi” per permettermi di fare una donazione. La preoccupazione affollava la mia mente, finché una sorta di voce più profonda si fece spazio tra i pensieri dicendo “se dai, ricevi”. I pensieri preoccupati rimasero li, ma quella voce creò quella tranquillità che mi permise di non ascoltarli, di non dargli troppa importanza. Le preoccupazioni non dovevano interferire su quello che era il mio sentire in quel momento.
Andai così determinata a fare la mia donazione, ovviamente nei limiti di ciò che potevo in quel momento.
Tornai poi in camera a prendere le mie cose. 
La ragazza con cui avevo chiacchierato prima era già andata via. Nel sistemare mi resi conto che qualcosa fuoriusciva dal mio borsello. Erano dei soldi. Ero certa li avesse lasciati li la ragazza che mi aveva chiesto di farle i cuori e, coincidenza, erano la stessa quantità della mia donazione.
Fu più che chiaro, "se dai, ricevi".
Ovvio, non sempre in maniera così diretta e a volte in forma diversa, ma quando facciamo ciò che davvero sentiamo liberandoci da preoccupazioni e paure, la vita ci incoraggia e sostiene.



L'AMORE OVUNQUE


Un pò di anni fa cominciai a cucire dei cuoricini di stoffa. L’ispirazione si presentò grazie ad un momento un po’ difficile.
Possono nascere tanti fiori dai momenti difficili se impariamo a trasformarli e vederli come opportunità.
Ero un po’ giù e un’amica mi invitò ad “incontro d’ispirazione”. Chiusa nel mio malessere non volevo andare, ma lei fu abbastanza convincente e diciamo che quasi decise per me, così l’assecondai.
A quell’incontro venne un ragazzo indiano con diverse buste piene di cuori di stoffa cuciti a mano. Si poteva percepire il buon intento con cui erano stati fatti. Li aveva portati per regalarli a coloro che partecipavano all’incontro.
Quei cuori finirono per essere la mia ispirazione.
Appena rientrata mi informai su come crearli e cominciai a farne diversi diventando sempre più pratica. Ricordai nel frattempo di qualcosa che mi accadde un giorno quando ero volontaria in un rifugio per pellegrini ai confini con la Galizia.
Era un giorno di metà novembre e pioveva a dirotto. C’era una giovane ragazza, avrà avuto su per giù diciannove anni e stava facendo il cammino di Santiago con la bici. Mi chiesi come avrebbe fatto a continuare il cammino con tutta quella pioggia. La tappa che si presentava era anche abbastanza impegnativa in quanto consisteva in diversi chilometri di salita. 
Lei però non sembrava troppo preoccupata e sentivo ammirazione per quella tranquillità che mostrava di avere.
Era un giorno in cui mi sentivo particolarmente triste. Sentivo la mancanza di alcune persone a cui mi sentivo legata.
A volte ci sentiamo tristi e bisogna solo vivere ciò che sentiamo, senza analizzare troppo ne dargli troppa importanza, sentirlo con la consapevolezza che si tratta solo di un momento legato a condizioni e che, in quanto tale, cambierà.
La giovane ragazza si accorse del mio stato d’animo e parlammo un po’. Era davvero dolce. Si percepiva avrebbe voluto fare o dire qualcosa per alleviare quella tristezza, ma non sapeva cosa. Stette in silenzio un momento, poi il suo sguardo cambiò come se avesse avuto una buona idea. Cominciò a frugare nelle tasche finché tirò fuori qualcosa e con un sorriso allungò il braccio verso di me e aprì il pugno.
Nella sua mano c’era un cuore blu di plastica rigida. Mi raccontò che glielo aveva regalato una ragazza che aveva conosciuto lungo il cammino e mi disse “penso che ora tu ne abbia più bisogno di me”.
Sentii il mio cuore riempirsi di gratitudine. Le chiesi se era certa di volerlo dare a me, e lei mi rispose di si.
Finì di preparare la sua bicicletta, ci abbracciammo e andò via.
Mi resi conto così che l’amore era ovunque, non solo li dove mi aspettavo ci fosse, e che dovevo rimanere aperta a riceverlo. Ed era quell'aspettativa, quel desiderio di riaverlo ancora laddove lo avevo avuto in precedenza, quel senso di mancanza e nostalgia che creavano la tristezza e la sofferenza. Ma se rimanevo aperta al momento presente senza aspettative sarebbe arrivato proprio li dove non me lo aspettavo.
Non è che le cose non arrivino o non ci siano, e che spesso l’aspettativa di ottenerle altrove o da qualcun altro offusca il momento presente, che è l’unico momento in cui le cose davvero accadono ed esistono.
Mi ripromisi che avrei regalato quel cuore a qualcun altro se avessi percepito ne avesse bisogno, come una sorta di catena. Così fu. Lo regalai ad un’amica a cui raccontai la storia della giovane ragazza, dicendole che anche lei avrebbe potuto regalarlo a qualcun altro a cui sentiva di donarlo.
Quando cominciai a fare i cuori di stoffa ripensai a quella storia e che in un qualche modo avrei potuto continuare quella sorta di catena. Cominciai così a regalarli.
Fare quei cuori è diventata una sorta di meditazione per me, qualcosa che sento mi fa bene, e mi piace regalarli come incitamento ad ascoltare il cuore. Ed è anche da quei cuori di stoffa che è nato il nome del progetto “il cammino del cuore”.
I cuori di stoffa sono una sorta di ispirazione nata da due atti d’amore, quello del ragazzo indiano e quello della giovane pellegrina.
Basta un solo puro e disinteressato atto d’amore per dare il via ad una catena, non è importante quanto grande esso sia.




DEDIZIONE


Tanto l’arte come la meditazione nascono sempre dalla dedizione, non dallo sforzo.
E lo stesso accade con l’amore.
Lo sforzo mette in funzionamento la volontà e la ragione; la dedizione, in cambio, la libertà e l’intuizione.
Per dedicarsi senza sforzo bisogna “fare senza fare”.
Consiste in mettersi a disposizione affinché qualcosa possa compiersi  per mediazione tua, senza però farlo tu direttamente, forzando il suo inizio, sviluppo e culmine.  L’unica cosa necessaria è stare li per captare in questo modo ciò che appare, qualsiasi cosa sia. In modo che non bisogna inventare nulla, se non ricevere ciò che la vita ha inventato per noi e dopo, questo si, darlo agli altri.
I grandi maestri, e qui non ci sono eccezioni, sono grandi recettori.


ABITUDINI MENTALI


Le abitudini mentali sono meccanismi automatici della mente.
Consistono in  pensieri , immagini mentali, di cui spesso non siamo consapevoli e in cui la mente resta incastrata o da cui si fa trascinare. Possono creare una distorsione della realtà, distrarci da ciò che sta realmente accadendo e da ciò che è importante impedendoci di vivere appieno il momento presente e di riconoscerlo per ciò che è, di osservare le cose così come sono e non in base a quell’immagine mentale o quel pensiero spesso  non reali.
E’ importante riconoscere quali sono le abitudini mentali predominanti e prenderne consapevolezza. Attraverso la consapevolezza impariamo a riconoscerle nel momento in cui avvengono e a correggerle.


Vi sono diverse abitudini mentali, qui di seguito alcune.

·       PENSIERI INTENSI: di solito derivano da uno shock, da qualcosa di molto doloroso. Possono essere ossessivi e ripetitivi e accompagnati da sensazioni fisiche sgradevoli . Quando uno di questi pensieri intensi appare durante la meditazione o in altre circostanze è importante cercare di osservare ciò che accade e ripetersi che, anche se basati su una situazione realmente accaduta in passato, questi pensieri non sono di aiuto, non sono reali e connessi con il momento presente, che spesso stiamo percependo la situazione più intensa di ciò che è realmente.
Tornare al corpo, sentire il corpo e il respiro può essere d’aiuto, il corpo è sempre nel momento presente.

·       SOGNI AD OCCHI APERTI: sono molto seduttivi. Di solito cominciano con “se io avessi”, “se io fossi”, e finiscono nel film in cui siamo gli attori, i direttori e i produttori. Nel film mentale la vita è meravigliosa. Ogni cosa va in accordo con i propri piani e senza nessuna interferenza.
Sognare troppo ad occhi aperti causa frustrazione perché la realtà è sempre diversa da ciò che immaginiamo.
E poi, cos’è che può creare realmente più pace e serenità, che le cose vadano come vogliamo o che impariamo ad accogliere e accettare che spesso non siamo noi a controllare ciò che accade e che la vita può essere più saggia di noi dandoci ciò di cui abbiamo realmente bisogno attraverso ciò che crediamo di non volere?
Non sempre avere tutto ciò che “crediamo” di volere apporta realmente soddisfazione, pace e serenità.
Quando ci accorgiamo che stiamo sognando ad occhi aperti torniamo al respiro e alla realtà, al potenziale che c’è nel momento presente.
Ogni momento ha il potenziale di offrirci qualcosa se siamo aperti ad accoglierla e in cui noi possiamo offrire qualcosa o esprimere noi stessi, se non siamo nella nostra mente a immaginare che le cose potrebbero essere migliori “se io avessi”, “se io fossi” qualcosa di diverso da ciò che è.

·       ANDARE NEL PASSATO: si può avere la tendenza ad essere ossessionati da eventi passati, ricordare qualcosa di doloroso che qualcuno ci ha detto o fatto. Ci si ripete la stessa storia sentendosi sempre peggio. Poi ci si muove nel futuro per avere la rivincita giocando con vari scenari “lei dirà così, io risponderò così”. Ma pianificare la rivincita non è molto compassionevole.
Invece di concentrarsi sull’aspetto negativo di una situazione possiamo trasformarla in una possibilità di apprendimento chiedendoci cos’è che possiamo imparare da ciò che è accaduto? Possiamo lasciare andare invece di riviverlo nel presente ricreando dolore inutile?
Nel negativo o nel positivo rivisitare il passato e andare nel futuro è una tendenza predominante della mente. Quante volte siamo davvero concentrati sul momento presente? Quante volte mentre mangiamo stiamo assaporando il cibo o siamo altrove? Se nel mangiare ci concentriamo totalmente su ogni gesto e ogni sapore ogni cosa ci sembrerà nuova e diversa.
Concentrarsi pienamente sul cibo accorgendosi quando la mente è distratta o altrove, insieme all’osservazione del respiro, può essere un utile esercizio per tornare al momento presente.

·       FABBRICARE STORIE: la mente ha spesso la tendenza a fabbricare storie a partire da qualcosa di piccolo. Questa abitudine è spesso causata da paura e insicurezza.
Ad esempio: aspettiamo qualcuno che è in ritardo. Alle 9 pensiamo “ok, aspetterò ancora un po’”. Alle 9:10 “non mi vuole bene”. Alle 9:20 “nessuno mi ama”. Alle 9:30 “odio il mondo!”.
Quando la persona arriva con una buona ragione per essere in ritardo, possiamo essere così delusi dalle nostre fabbricazioni, così nella nostra mente, da essere irragionevoli.
Per trarre delle conclusioni reali bisogna dare spazio alla realtà, se riconosciamo che siamo intrappolati nella mente cerchiamo di fare uno sforzo di apertura per uscire dalla nostra bolla di amarezza e conclusioni negative, riconosciamo che ognuno ha un suo modo di vivere e percepire che può essere diverso dal nostro, diamo spazio agli altri di esprimersi, diamoci il tempo di digerire ciò che accade e le informazioni che abbiamo raccolto e poi decidiamo come agire a partire dalla calma non da una storia non reale. Permettiamoci anche di esprimere la nostra insicurezza e le nostre paure riconoscendole senza necessariamente seguirle e dando spazio anche agli altri di comprendere. Apriamoci all’onestà nei rapporti con gli altri.

·       SPECULAZIONE: consiste nel creare elaborate costruzioni intellettuali.
Leggi questo, senti quello, metti quest’idea, quella filosofia insieme e bingo! Hai creato la migliore idea del secolo! Poi ti siedi a meditare ripetendo la tua speculazione per paura di perdere la fantastica idea.
Bisogna stare attenti a non perdersi in costruzioni.
Tornare al respiro e all’esperienza del momento presente, a ciò che si sta realmente sperimentando.
Se hai avuto una buona intuizione rimane con te, non c’è bisogno di elaborarla all’infinito.

·       PINIFICARE: pianificare un viaggio, una giornata, un appuntamento. Pianificare è utile, ma può diventare un’abitudine. E’ tale quando ripensiamo ai piani centinaia di volte.
Pianificando, e soprattutto rimuginando nella pianificazione, separiamo noi stessi dal momento presente cercando di prevedere ciò che potrebbe accadere e eventuali cattive sorprese. Ma la vita è imprevedibile!
Pianificare un poco è utile, pianificare troppo è restrittivo e impedisce di avere fiducia nella vita e in se stessi. Quando si presenta un problema spesso si presenta anche la soluzione se siamo presenti per vederla e spesso è proprio nell’imprevisto, nell’inaspettato che le cose acquistano magia.
Quando in meditazione notiamo che stiamo pianificando, cerchiamo di tornare con consapevolezza al respiro. Non c’è bisogno di pianificare per i prossimi 10-20 minuti, basta solo essere.

·       GIUDICARE: giudicare se stessi o gli altri, commentare invece di partecipare a ciò che sta accadendo.
Discriminare può essere utile (discriminare il caldo dal freddo etc.), ma si può cadere nell’ abitudine di giudicare.
Tornare al respiro e all’autenticità del momento così com’è: caldo, freddo, piacevole, non piacevole. Così com’è. Sentire le cose senza attaccamento alla qualità delle cose.

·       CALCOLARE: abitudine mentale a contare o misurare. Ad esempio calcolare quanti soldi si hanno in banca, quanti vestiti nell’armadio etc.

·       PROCASTRINARE: Lamentarsi.  “Mediterei meglio se la stanza fosse più silenziosa, potrei diventare un meditatore migliore se l’istruttore fosse migliore”, “quel posto era bello ma il cibo non era così buono come mi aspettavo” etc.
Si può riconoscere ciò che non funziona in una situazione e adoperarsi per migliorarlo, ma spesso quando ci lamentiamo ci stiamo focalizzando su un solo aspetto delle cose, su quello che consideriamo negativo in base a un’aspettativa o un’immagine mentale non reale. Oppure stiamo in un qualche modo opponendo della resistenza al momento presente o a un aspetto del momento presente.
Ci possiamo creare molta sofferenza o disagio nel non accettare le cose così come sono.
Una frase bellissima dice “Abbiamo molto più potere quando lavoriamo per la cosa giusta che quando lottiamo (o ci lamentiamo!) contro la cosa sbagliata”.

·       CONFRONTARSI: è un’abitudine mentale spesso frutto di un condizionamento su come dovremmo essere, come crediamo che ci vorrebbero la società, la nostra famiglia, gli altri. E’ spesso anche il frutto della competizione creata nelle scuole, nel lavoro e nella società in generale che non generano altro che una scarsa autostima e non accettazione di ciò che si è oltre che separazione tra le persone, l’esaltazione di alcune qualità considerate “socialmente utili” e lo sminuimento di qualità “socialmente non utili” .
L’ammirazione o l’umiltà possono essere uno strumento se le trasformiamo in una possibilità di imparare da qualcuno o da una situazione qualcosa che non sappiamo e pensiamo possa esserci utili, ma non c’è bisogno di sminuirsi o credersi migliori di qualcun altro.
Nell’essenza siamo tutti uguali, non ci sono livelli, ma nella realtà pratica ogni persona è un mondo, ogni persona ha un diverso punto di partenza, ogni persona ha predisposizioni, capacità, attitudini diverse. Qualcosa che per qualcuno può risultare fattibile con semplicità, per un’altra può richiedere più impegno, risultare più complicata o addirittura impossibile e viceversa. Per una persona normale uscire a fare la spesa può essere una passeggiata mentre per un cieco può essere un’impresa, viceversa il cieco potrà percepire l’intensità di un odore da un kilometro, mentre la persona vedente da solo pochi metri.
Ognuno è nato in un contesto, con condizionamenti, vantaggi e svantaggi diversi, anche quando sembra che non ci siano differenze.
Confrontarsi è un’abitudine mentale che può creare separazione e sofferenza. Notiamo quando consideriamo noi stessi o una situazione migliore o peggiore di qualcun altro di un’altra situazione e ricordiamo l’unicità e la diversità delle persone e delle situazioni per accoglierle e accettarle/accettarci così come sono/siamo.
Facciamo dei passi per conoscere noi stessi e scoprire ciò che realmente ci apporta e di cui siamo capaci, senza spingerci oltre i nostri limiti. E solo attraverso il riconoscimento e l’accettazione dei propri limiti e la scoperta di noi stessi che possiamo esprimerci o cambiare le cose, se davvero c’è motivo di farlo.

·       PENSIERI PER TENERE LA MENTE OCCUPATA: sono i più leggeri, sono pensieri meccanici. Si parte da una cosa e si passa ad un’altra senza che vi sia una reale connessione.
Si può passare il tempo facendo liste, pensare che cucinare per la cena, le prossime vacanze, i vestiti che si hanno nell’armadio.
Di solito non creano forti sensazioni o emozioni, mantengono solo la mente occupata.
Mantenendo la mente occupata non diamo spazio e ci precludiamo la possibilità di vivere e accogliere ciò che accade nel momento presente.
Notiamo quando questi pensieri sono presenti e, senza giudizio, torniamo a concentrarci.


Quando è presente un’abitudine mentale la notiamo, la riconosciamo senza analizzarla, senza analizzare il pensiero nello specifico, nonostante spesso ci appaia come “davvero importante”, e cerchiamo di connetterci con un oggetto di concentrazione, come può essere ad esempio l’osservazione del respiro che entra ed esce dal nostro corpo. Pian piano, se non gli diamo importanza, il pensiero o l’immagine mentale si calmerà sino a svanire, se la riconosciamo all’origine impediamo la proliferazione mentale che da forza alle abitudini mentali.
E’ importante non giudicare le proprie abitudini mentali, ma con pazienza riconoscerle, prenderne consapevolezza.
Ricordare che queste abitudini mentali sono comuni a tutti, ognuno con qualcuna più predominante. Riconoscere che questi sono funzionamenti meccanici della mente condizionata ci aiuta a non identificarci, a capire che non c’è qualcosa di sbagliato in noi.