BISOGNI E DESIDERI
Quando cominciai a vivere sul cammino di Santiago non avevo molti
soldi, ma non mi feci spaventare.
Mi resi conto che l’idea che non ci fossero
abbastanza soldi fosse una convinzione radicata non reale, un condizionamento,
una paura, una scusante dell’ego per non renderci liberi e fare ciò che
realmente sentiamo. Non sono mai i soldi il reale problema.
Ebbi la conferma
che quando siamo allineati al nostro essere, quando facciamo ciò che sentiamo
davvero, quando agiamo con il cuore aperto e libero dall’interesse personale,
la vita ci sostiene affinché continuiamo a farlo.
Naturalmente avrei potuto trovare un modo per procurarmi più soldi,
avrei potuto lavorare, chiederli alla mia famiglia, ma colsi invece l’occasione
come un’opportunità di sfida e apprendimento facendola diventare un modo per
praticare l’umiltà, per non lasciarmi controllare dai desideri, apprezzare
altre cose, aprirmi, permettere alla gente di aiutarmi e ovviamente praticare
la fiducia.
Una frase mi accompagnò in questo percorso:
“Sei ricco se hai abbastanza
denaro per soddisfare i tuoi desideri. Ma ci sono due modi per essere ricchi:
puoi guadagnare, ereditare, prendere in prestito, mendicare o rubare il denaro
che ti serve per soddisfare i tuoi desideri. Oppure puoi coltivare uno stile di
vita semplice, con pochi desideri. In questo modo avrai sempre denaro a
sufficienza.
…bisogna conoscere la differenza
tra desideri e bisogni. Noi abbiamo innumerevoli desideri, ma i veri bisogni
sono pochi. La totale attenzione a ogni momento è il vero piacere. L’attenzione
non richiede denaro, l’unico investimento è l’addestramento.
Il segreto della felicità non sta
nel volere molto, ma nel gioire di poco.”
Decisi così, o meglio mi venne spontaneo e naturale, coltivare uno
stile di vita con pochi desideri e nella fiducia che i miei reali bisogni
sarebbero stati soddisfatti.
Quando alcune cose non arrivano o non possiamo
permettercele è che spesso vogliamo più di ciò di cui abbiamo bisogno. E il
fatto che ci sia un così grande squilibrio tra coloro che hanno troppo e coloro
che non hanno nulla è dovuto proprio all’incapacità di molti essere umani di
riuscire a controllare i propri desideri che diventano sempre più numerosi e
marcati quando non siamo allineati con il nostro essere, quando non esprimiamo
realmente noi stessi, quando non mettiamo i nostri doni al servizio del mondo.
Finché
c’è un contrasto in un senso, ci sarà contrasto nel senso opposto, è il modo
che ha l’universo per equilibrarsi. Finché ci saranno persone che hanno troppo,
ci dovranno essere persone che hanno poco.
Per questo coltivare nel proprio
piccolo uno stile di vita semplice, disciplinarsi, imparare a lasciare andare
delle cose di cui non abbiamo bisogno solo perché siamo attaccati ad esse, e
ascoltarsi è un grande contributo per equilibrare il mondo, non c’è necessariamente
bisogno di donare grandi cifre, sarà necessario solo finché ognuno non comincia
il cambiamento nel proprio piccolo.
Già mentre facevo il cammino mi resi conto che alcune cose come
prendere il caffè al mattino, comprare qualcosa quando ci si trovava in un bar
in compagnia, erano solo abitudini dettate dalle circostanze o frutto di
desideri e non reali necessità.
E’ difficile che ci si chieda “ho davvero
voglia di questo, il mio corpo ne ha davvero bisogno, o è solo che mi trovo in
questa circostanza o è un desiderio o ancora la paura che se in futuro dovessi
avere un bisogno non possa essere soddisfatto?”. E’ come bere un bicchier d’acqua
quando in realtà non si ha sete.
Quante volte nella vita quotidiana violiamo il
nostro corpo riempiendolo di cose di cui non ha bisogno solo per noia,
desiderio, paura?
Così decisi di imparare ad ascoltare il mio corpo e cercare di
essergli più fedele, ovviamente è una pratica che può richiedere una vita e non
è necessario essere così estremi, bastano davvero delle piccole cose.
L’atto di ascolto e di rinuncia viene ripagato da una maggiore
libertà.
Se riuscivo a controllare alcuni desideri e ad aver fiducia non avrei
avuto bisogno di privarmi della libertà o fare cose che andassero contro la mia
natura e il mio essere per ottenere cose di cui non avevo un reale bisogno. Ma
il tutto avvenne con naturalezza.
Oltretutto rinunciare a certe cose mi permise di dar valore e
scoprirne altre.
Avere pochi soldi in quel momento fu uno stimolo e un dono che
mi permise di coltivare altri aspetti della vita.
Ricordo che quando tornai dal primo cammino e contattai alcune persone per
incontrarci, tutti mi dicevano “vediamoci in questo bar” o “andiamo a mangiare
qualcosa”, ed io rispondevo “perché non andiamo a fare una passeggiata?” e
tutti rimanevano stupiti e apprezzavano il riscoprire la gioia del passeggiare.
Siamo così presi da mille stimoli, sempre alla ricerca di nuovo “materiale per
la mente” per distrarci, allontanarci da noi stessi, da dimenticare la bellezza
delle cose semplici come una passeggiata che, oltre a creare un benessere
fisico, ci permette di entrate in contatto con noi stessi e con la natura e di
far emergere le nostre reali esigenze. E’ incredibile il grande potere che
hanno le piccole cose.
Un’altra cosa di cui mi resi conto fu che più siamo realmente presenti
in ciò che facciamo, più il nostro agire risponde alle esigenze del nostro
essere più profondo, ci permette di esprimere noi stessi, più riscopriamo la
bellezza che c’è dentro di noi e anche nello star con noi stessi, nel semplice
essere, più automaticamente i desideri si riducono perché ciò che siamo o che
facciamo ci riempie così tanto che non c’è più nessun vuoto da colmare.
Quindi
un buon inizio sarebbe quello di cominciare a piccoli passi a riscoprirci e fare
ciò che davvero ci riempie e fa star bene.
IMPARARE A RICEVERE
Una cosa che dovetti imparare fu quella di ricevere. Per continuare a
fare ciò che facevo era necessario un totale atto di abbandono e umiltà.
Già la vita mi aveva presentato varie situazioni, ma quella che ebbe
più impatto avvenne i primi tempi in cui vivevo sul cammino.
Ero volontaria in un albergo donativo per pellegrini. Vivevo con altre
persone in una grande vecchia casa che ci era messa a disposizione dal
proprietario dell’albergo.
Le mie giornate erano piene e intense. Al mattino aiutavo a pulire l’albergo
e mi occupavo dell’accoglienza dei pellegrini, in maniera libera e con gioia,
era un po’ come restituire al cammino ciò che mi aveva dato e sostenere altri
pellegrini in quel processo che per me era stato tanto importante. Oltre al
fatto che avevo la possibilità di incontrare e condividermi profondamente con
gente di tutto il mondo.
Studiavo lo spagnolo con un dizionario che mi avevano prestato, le
erbe medicinali e, a volte, aiutavo degli amici nella ristrutturazione di una
casa.
Avevo imparato ad arrangiarmi con cinque, dieci euro a settimana con
cui riuscivo a mangiare non solo io, ma in alcuni casi ad offrire anche agli
altri. Lo stare con poco era un grande stimolo.
Imparai a fare il pane invece
di comprarlo, la pasta fatta a mano, mille modi per fare cose buone e sane con poco.
Per vestirmi usavo i vestiti che lasciavano i pellegrini.
Avevamo un’intera
stanza in cui conservavamo le cose che erano state dimenticate o quelle che i
pellegrini avevano lasciato dopo essersi resi conto di non averne bisogno e che
avere uno zaino leggero era più importante.
C’era una bellissima frase su un
muro lungo il cammino che diceva: “ciò
che non serve, pesa”.
Cucivo e modificavo ciò che non mi stava riscoprendo
anche quest’arte.
Il proprietario dell’albergo con cui si era creata una connessione e
un rapporto di affetto paterno, nonostante ancora non parlassi bene lo
spagnolo, quindi senza molta comunicazione verbale, mi chiedeva spesso, quando
andava a fare la spesa, se avessi bisogno di qualcosa, ma io continuavo a
rispondere di no.
Se mi mancava o volevo qualcosa mi chiedevo se ne avessi davvero
bisogno in quel momento, se non era una necessità imminente aspettavo con
pazienza.
Ricordo che avevo dei sandali che non mi piacevano e volevo delle
infradito. Ovviamente, non essendo necessarie non andai a comprarle. Facevo
resistenza a indossare i sandali, finché un giorno mi resi conto che ciò che in
realtà mi preoccupava era che non mi stessero bene. Quando lo realizzai
cominciai a notare che non erano poi così male e che avrei potuto indossarli.
Quello stesso giorno, mentre stavo accogliendo un pellegrino, il proprietario
dell’albergo venne, mi tolse i sandali e mi mise ai piedi delle infradito.
Appurò che il numero fosse giusto, tagliò l’etichetta e andò via.
Rimasi
allibita. Non avevo detto nulla a nessuno. Ciò che accadde fu che quando avevo
accettato le cose così com’erano e avevo lasciato andare l’attaccamento a come
apparivo, la vita mi aveva fatto un regalo.
Più stavo li più amavo ciò che facevo e mi sentivo allineata al mio
essere.
Tuttavia, nonostante riuscissi a cavarmela con molto poco senza farmi
mancar nulla di indispensabile e facendo anche cose in più che sentivo di fare,
arrivò un momento in cui rimasi con circa dieci euro.
Il problema non era ancora presente realmente e a volte è necessario
arrivare al limite prima che la vita ci fornisca una soluzione, e quel limite è
un’opportunità per guardare in faccia le nostre paure, stare con esse e accorgerci
che non sono reali. E se lo oltrepassiamo vuol dire che quello è parte del
nostro apprendimento o è necessario per smuovere noi stessi e le coscienze
altrui.
Dieci euro mi sarebbero bastati ancora per una o due settimane e tutto
ciò che potevo fare in quel momento era continuare a fare ciò che stavo facendo
perché mi piaceva davvero e lo facevo con il cuore e in maniera disinteressata.
Spesso tutto ciò che dobbiamo fare è stare nel presente e dare alla
vita il tempo di cui ha bisogno o il tempo di cui noi abbiamo bisogno per
imparare la nostra lezione. Un amico mi ricordava spesso che “l’universo ha i suoi tempi” e che noi
dobbiamo rispettarli.
Non dissi nulla a nessuno e continuai nella mia vita quotidiana di
quel momento. Ovviamente una parte di me era preoccupata e tesa, c’è un
passaggio tra il sapere certe cose e riuscire ad applicarle nella vita
quotidiana, c’è un passaggio che richiede tempo, consapevolezza e pratica. Ma un’altra
parte di me riusciva a rimanere attenta e presente.
Ebbi una settimana particolarmente intensa in cui più spesso e più a
lungo ero andata ad aiutare i miei amici nella ristrutturazione della casa.
Una sera andai in camera e, nello spostare le lenzuola per mettermi a
letto, sbucò qualcosa da sotto il cuscino. Lo spostai e vidi che erano dei
soldi. Era incredibile, non capivo chi avesse potuto metterceli. La mia
sorpresa era incrementata dal fatto che non avevo detto nulla a nessuno
rispetto al fatto di aver pochi soldi. Non era molto, ma per me era più che
abbastanza per continuare a fare ciò che stavo facendo.
Passai la notte piena di energia e avvolta in un senso di magia e
gratitudine, ma non per il fatto di avere dei soldi, non mi importava di
tenerli o meno, ma per il senso di sorpresa, tutto era arrivato al momento
giusto, e per il fatto che la vita mi stava confermando ciò che sentivo, che
quando siamo sul nostro cammino e abbiamo fiducia ci viene incontro per sostenerci.
Continuavo a chiedermi chi avesse potuto metterceli, e mi faceva
sorridere il modo dolce e delicato di farlo. La casa in cui vivevamo era sempre aperta, non
c’era una chiave, quindi poteva entrare chiunque.
Ovviamente il primo pensiero
andò ai miei amici dato che avevo lavorato tanto con loro quella settimana.
Così al mattino andai da loro dicendogli che non c’era bisogno, che li avevo
aiutati volentieri perché sentivo di farlo. Ma mi dissero di non esser stati
loro.
Pensai un po’ e andai dal proprietario dell’albergo. Vedendolo dall’esterno
sembrava una persona rude, molto semplice e poco profonda. Era invece dotato di
una grande sensibilità, riusciva a capire ciò che sentivo o di cui avevo
bisogno senza dire nulla, e questo accadeva non solo con me. In dei piccoli gesti che faceva si poteva comprendere e vedere la sua bontà e disponibilità.
Inoltre era onesto e non cercava di nascondersi dietro un’apparenza, ma si
mostrava per ciò che era. Sentivo un grande affetto per lui.
Gli chiesi se mi avesse lasciato qualcosa sotto il cuscino, ma lui
rispose di no. Lo guardai negli occhi e gli dissi che era l’unica persona
possibile e che non ero lì per avere dei soldi, ma per offrire un servizio agli
altri. Lui mi guardò con dolcezza e rispose “anch’io”.
Quelle semplici parole
mi risvegliarono. Mi resi conto che eravamo tutti in un circolo di scambi in
cui ognuno dava e apportava a modo suo e che era necessario imparassi a
ricevere per continuare a fare ciò che stavo facendo.
Mi resi anche conto che
spesso noi diamo a qualcuno e la vita ci ricambia attraverso qualcun altro, che
a volte non c’è bisogno di un dare concreto per ricevere, che le cose non sono
cosi lineari come la mente immagina, non seguono uno schema prestabilito ma
hanno di sottofondo delle leggi universali che creano una sorta di equilibrio.
Per questo è importante imparare a dare senza aspettarsi nulla in cambio,
neanche che l’altra persona sperimenti un miglioramento o un benessere dovuto
al nostro atto di dare, ma dare solo per la gioia di farlo e senza aspettarsi
nulla di tangibile o visibile. Magari aiutando o sostenendo qualcuno gli daremo
la possibilità di farlo in futuro con qualcun altro. Così la ricompensa, se
deve essercene una, non ci giunge direttamente, ma attraverso il benessere di
un’altra persona, questo crea equilibrio. Oppure ci può capitare di dare a
qualcuno in una situazione e ricevere da qualcun altro quando ne avremo
bisogno. Per questo invece di lamentarsi per il fatto di non ricevere da quella
persona da cui ci aspettiamo di ricevere, è più salutare rimanere vigili e
attenti alle possibilità che la vita ci offre in un dato momento altrimenti
nell’attesa di soddisfare un’aspettativa rimaniamo ciechi e manchiamo ciò che
la vita ci offre. E’ come aspettarsi di ammirare un bel paesaggio guardando un
muro quando invece la finestra è alle nostre spalle.
In quel momento quell’uomo era stato uno strumento attraverso cui la
vita mi fornì ciò di cui avevo bisogno ed io sentivo un profondo affetto e
gratitudine nei suoi confronti.
Nonostante ciò e le mie consapevolezze, una parte di me di sentiva un po’
a disagio nell’accettare e non degna di ciò che stavo ricevendo. Ma decisi di
accogliere ciò che la vita mi stava offrendo e mi ripromisi che, qualora mi
fossero arrivate delle cose, dei soldi, li avrei usati solo per ciò che mi era
realmente necessario e che sostenesse il mio cammino di crescita e servizio e
non per soddisfare dei desideri. Era un modo per purificare non solo me, ma
anche chi mi sosteneva e il sistema in generale. Un modo per apportare il mio
piccolo granello di sabbia.
Dopo qualche giorno la vita mi forni una risposta e uno strumento per
lavorare su quel senso di disagio e di non essere degna.
Venne nell’albergo una donna italiana che faceva il cammino in bici
con suo figlio. La sera parlammo un po’ toccando alcuni temi importanti, ma
senza allungarci troppo nella conversazione. Al mattino mi aspettò e quando
arrivai mi porse un libro dicendomi “ora so perché l’ho portato, perché dovevo
darlo a te”. Mi sembrò così strano da parte di quella donna con cui non avevo
nemmeno parlato più di tanto. Ovviamente lo accettai.
Quel libro rispose non solo a tante domande e mi chiarì alcune cose
che stavo vivendo in quel periodo, ma mi offrì una riflessione su quel senso di
disagio:
“Ho conosciuto moltissime
persone che si preoccupano degli altri, che sono estremamente generose nel
momento di dare e che provano un piacere profondo quando qualcuno si rivolge a
loro per un consiglio o un aiuto. Fin qui nessuna sorpresa, è davvero bello
soccorrere il prossimo.
Al contrario conosco pochissimi
individui capaci di ricevere, e questo anche quando le cose gli vengono offerte
con amore e generosità. E’ come se l’atto di accettare li facesse sentire
inferiori, come se il fatto di dipendere da qualcuno risultasse indegno. E
allora gli capita di pensare: “se mi viene data qualcosa è perché non sono in
grado di ottenerlo con i miei sforzi”, oppure “le persone che mi offrono tutto
questo lo rivorranno con gli interessi”, o peggio ancora “non merito il bene
che vogliono farmi”.
Ciò non vuol dire accettare tutto ciò che ci viene offerto anche
quando non ne abbiamo bisogno o in alcune circostanze non interrogarsi sulla
reale motivazione che spinge qualcuno a dare, non significa che in alcuni casi
non sia necessario rifiutare, significa chiedersi cos’è che ci impedisce di
accogliere qualcosa quando ne abbiamo bisogno, cosa ci impedisce di lasciar che
la vita si prenda in qualche modo cura di noi, cos’è che blocca il nostro
fluire o ci crea disagio.
Bisogna rimanere attenti e aperti per vedere i mille modi in cui la
vita ci fornisce risposte e mezzi per proseguire sul nostro cammino. Bisogna rimanere
aperti a rompere i nostri schemi e condizionamenti e lasciarci sorprendere.
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