IL CUORE COMPRESO



Un giorno, nel rifugio per pellegrini lungo il cammino di Santiago dove facevo la volontaria, venne un uomo. Era già passato di li più di una volta nella stessa stagione. La sua vita in quel momento era percorrere il cammino in ogni direzione. Lo vidi però un pò stanco e sconfortato.
Volevo dirgli qualcosa, ma mi ritrovai a guardarlo senza avere parole adatte a consolarlo. In realtà in quel momento mi sentivo allo stesso modo.
Come possiamo consolare qualcuno se non ci prendiamo prima cura di noi stessi? Come possiamo donare qualcosa che non abbiamo?
La mattina dopo preparai lo zaino e decisi così di prendermi qualche giorno per me stessa, mentre lui decise di fermarsi li. In un qualche modo ci scambiammo i ruoli.
Fa sempre bene allontanarsi un pò da ciò che stiamo vivendo e osservarlo nella distanza, senza la paura di perdere qualcosa. Non perdiamo mai nulla, soprattutto quando ci concediamo del tempo per riprendere fiato e stare con noi stessi.
Camminai un pò e mi fermai due giorni in un posto dove trovai qualche libro da sfogliare, in uno incontrai una frase che trascrissi con cura sulla mia agenda, recitava così: 
“Ogni essere umano, nel corso della propria esistenza, può adottare due atteggiamenti: costruire o piantare. I costruttori possono passare anni impegnati nel loro compito, ma presto o tardi concludono quello che stavano facendo. Allora si fermano, e restano lì, limitati dalle loro stesse pareti. Quando la costruzione è finita, la vita perde di significato. Quelli che piantano soffrono con le tempeste e le stagioni, raramente riposano. Ma, al contrario di un edificio, il giardino non cessa mai di crescere. Esso richiede l'attenzione del giardiniere, ma, nello stesso tempo, gli permette di vivere come in una grande avventura.
I giardinieri sapranno sempre riconoscersi l'un l'altro, perché nella storia di ogni pianta c'è la crescita della Terra intera”.
Di ritorno mi fermai in una città dove avrei dovuto prendere l'autobus per tornare al paesino. Alla stazione casualmente incontrai l'amico pellegrino che avevo lasciato nell'albergo. Ci sedemmo uno accanto all'altro e mi ritrovai nuovamente senza parole. Lo accompagnai alla fermata del bus che doveva prendere e mi venne in mente di tirar fuori l'agenda e leggergli quella frase, sentii che era quella giusta per lui, sentii che in quel momento aveva smesso di riconoscere il valore del suo “piantare”. Al leggergliela i suoi occhi si illuminarono, mi sorrise e abbracciò entusiasta. Fu un momento molto dolce.
A volte non bisogna fare molto, ma semplicemente comprendere nel nostro cuore ciò di cui l'altro ha bisogno. E non è necessario sforzarci per trasmetterlo, basta uno sguardo, un sorriso, un gesto...o una frase trovata su un libro qualche giorno prima.
Tutto ciò che è necessario è affinare la nostra capacità di comprensione e compassione. Un cuore compreso è un cuore più sereno.
 
 

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