“La mente esiste in uno stato di “non avere mai abbastanza”, per cui vuole
sempre di più.
Quando ti identifichi con la mente, ti annoi e ti inquieti facilmente. La
noia significa che la mente ha fame di nuovi stimoli, di più cibo per il
pensiero, e che questa fame non viene soddisfatta.
Quando sei annoiato puoi soddisfare la fame mentale leggendo una rivista,
facendo una chiamata telefonica, accendendo la televisione, navigando in
internet, andando a fare shopping o, e questo è abbastanza comune, trasferendo
al corpo la sensazione mentale di carenza e il bisogno di volere sempre di più,
e soddisfacendola brevemente mangiando più cibo.
Oppure puoi sentirti annoiato e inquieto, e osservare la sensazione di
essere annoiato e inquieto. Man mano che prendi consapevolezza di questa
sensazione, comincerà a sorgere qualche spazio di quiete intorno ad essa. Al
principio solo sarà un piccolo spazio, però con l'aumentare della sensazione di
spazio interno, la noia comincerà a diminuire di intensità e significato.
In modo che anche la noia ti può insegnare chi sei e chi non sei. Scopri
che essere una “persona annoiata” non è la tua identità essenziale.
La noia è semplicemente un movimento interno dell'energia condizionata.
Non sei nemmeno una persona triste, arrabbiata o paurosa.
La noia, la rabbia, la tristezza o la paura non sono tuoi, non sono
personali. Sono stati della mente umana. Vanno e vengono.
Niente di ciò che va e viene sei tu.”
La nostra essenza va
oltre tutte queste sensazioni, la nostra essenza in realtà è pura. Lo stato
naturale della mente è quello di pace. Ma riempiti di condizionamenti non riusciamo
ad accedervi.
E' come se fossimo un
lago in completa quiete in cui, ogni persona che passa sulla riva, getta un
sasso. Quei sassi sono i condizionamenti, ciò che ci hanno detto in famiglia, a
scuola, in televisione, sui libri, una sorta di mentalità sociale che si è
inserita dentro di noi.
I condizionamenti ci
fanno credere che non siamo abbastanza, che dovremmo o non dovremmo provare o
volere certe cose, che dovremmo dimostrare sempre di più, che non andiamo bene
così come siamo, che dovremmo fare qualcosa o non farne un'altra, che alcune
cose sono normali mentre altre no, tutto ciò crea un profondo conflitto.
Come i sassi si
depositano sul fondo del lago, i condizionamenti si depositano nel fondo di noi
stessi e agiscono senza che noi ce ne rendiamo conto.
Così, insieme ai
processi biologici in atto nel corpo umano e ai cambiamenti esteriori che
agiscono sulla nostra biologia, creano ansia, angoscia, agitazione, tristezza,
invidia, gelosia, odio e tante altre sensazioni. Per tenerle a bada spesso andiamo
alla ricerca di distrazioni, dal semplice accendere la televisione e
imbambolarci a qualsiasi cosa, al fare shopping, alla necessità di fare sempre
qualcosa, di vedere nuovi posti, di lavorare tanto, tutti meccanismi per non
stare con noi stessi e osservare ciò che avviene dentro di noi e che ci
impediscono di scoprire chi siamo davvero e cosa realmente sentiamo di fare,
perché a volte scoprirlo significa apportare dei cambiamenti.
E spesso, se proprio
non riusciamo a fermarci la vita ci mette nella condizione di farlo attraverso
malattie, disagi, senso di malessere, incidenti.
Per evitare di arrivare
al limite, anche se spesso è necessario, ciò che possiamo fare è fermarci e
imparare ad osservare quei sassi, a riconoscerli per impedirgli di avere potere
su di noi e per smetterci di identificarci. Possiamo riconoscere di provare
invidia, di sentire a volte della cattiveria verso gli altri, rabbia, magari
anche verso persone a noi care, tristezza, gelosia, avarizia, possiamo imparare
a vedere e accettare queste sensazioni comprendendo che spesso sono legate a
delle circostanze, a degli “insegnamenti”, a contesti, a ciò che ci hanno
spacciato per giusto, tutte queste sensazioni non rappresentano la nostra reale
essenza. E riconoscendole possiamo evitare di agirle. Possiamo viverle dentro
di noi, ascoltare cosa hanno da dirci, ma non le agiamo, non le portiamo a quel
limite che ci porta a far del male a noi stessi e agli altri.
Ricordo durante il
cammino usci fuori una grande rabbia per mia madre. Camminavo con un uomo
ungherese che avevo conosciuto e una mattina, dopo aver fatto uno strano sogno
e calcolando che quando iniziai a camminare interruppi i contatti con mia madre
che non comprendeva ciò che stavo facendo, gli parlai di mia madre con una tale
rabbia che lui si mise a piangere. Dovetti riconoscere quella rabbia prima di
poterla trasformare e costruire con mia madre un nuovo rapporto onesto.
I nostri genitori sono
spesso mira del nostro malessere perché sono i primi che ci hanno impedito di
fare ciò che volevamo fare. A volte per evitarci del dolore, per aiutarci,
altre per via dei loro condizionamenti. Anche loro sono esseri umani
condizionati, chiunque non abbia sviluppato la capacità di osservarsi, di
conoscersi, è mosso per buona parte dai condizionamenti e dalle paure.
Quando riconosciamo
questo riusciamo a comprendere che odiare qualcuno, fargli del male,
arrabbiarci, non ha senso.
Un altro problema è che
spesso non ci conosciamo, non sappiamo chi siamo realmente ne che siamo capaci
di fare, in che forma esprimere il nostro essere profondo, non ci diamo uno
spazio per farlo. Per cui pensiamo che tutte quelle sensazioni che abbiamo
siano noi e, dato che spesso ci fanno paura, facciamo di tutto per evitarle,
per non sentirle.
Un modo per conoscerci e
fare sempre di più cose che sentiamo davvero di fare, passare del tempo con noi
stessi, nella natura e con persone con cui sentiamo di poterci condividere
realmente e profondamente.
Se impariamo a
conoscerci, impariamo anche a provare piacere a stare con noi stessi e a
trovare dei modi per trasformare quelle sensazioni che avvertiamo. Impariamo
che possiamo trasformare quell'energia in atti creativi, e che la natura, la
vita, il semplice osservare o condividersi sono abbastanza se riusciamo a
viverli con reale presenza.
Nessun commento:
Posta un commento